Un sabato come un altro, con la sessione di esami alle
porte, me ne vado fischiettando e saltellando al mercato. Durante il tragitto
mi interrogo sui massimi sistemi: oggi a pranzo fregola con le arselle o pasta
con le cozze? Arselle o cozze? Arselle o cozze?
Arrivo in piazza consumata dal dubbio e fradicia, che fischiettando e
saltellando l’ombrello andava per i fatti suoi e i miei piedi non perdevano una
pozzanghera. E poi li vedo: I RICCI DI MARE. Un’epifania a dir poco.
Incrocio tutte e venti le dita che di quell’unico sacco
rimasto me ne lascino almeno ½ kg, ché il mio ombrello è nuovo e non voglio
romperlo duellando con qualche vecchietto armato di stampella.
Ma i ricci in realtà nessuno se li fila e arrivato il mio
turno, azzardo un timido “me ne dia giusto mezzo kg, sa, una spaghettata per
due…” ma ovviamente non riesco a resistere al “ciapa qua, 10 euro e te li porti
a casa tutti!” dove per tutti si intende un sacchetto enorme e un kg e ciappilu
di ricci.
E così, non prima di un sazio shopping anche al banco
delle verdure, perché lo shopping mattutino o si fa per bene o non si fa, mi
incammino verso casa.
La combo pioggia battente + buste di spesa pesanterrime +
sacchetto dei ricci mi porta a esplorare nuove frontiere della camminata spastica da eccessivo carico:
la camminata spastica con il ritmico e costante urto di fantabilioni di spine
di riccio sui miei polpacci.
Tra un “ma perchè
faccio sempre così?! Perchèèèè???” e molti “#!!!*x#@!” e un sacco di “AHIA”
arrivo a destinazione.
Inizio a pulire i ricci, che sembrano troppi finché non
inizio a fare “uno a te e uno a me”, sbaffandomeli crudi, con un po’ di limone
e pregando il dio dei cagotti da pesce crudo di mandarmela buona anche
stavolta.
Poi arriva il momento degli spaghetti: e tutti i “#!!!*x#@!”,
le gambe a pois da punture multiple di riccio, gli aculei sparsi in mezza
cucina, i vestiti fradici e le braccia doloranti sono svaniti in un mare di
cuoricini e una tempesta di “PORCA #!!!*x#@! CHE BUONI!
Per quattro:
1kg di ricci di mare freschissimissimi
240g spaghetti
8 cucchiai di olio EVO
1 spicchio d’aglio
Un ciuffetto di prezzemolo
Pulire i ricci: sciacquare i ricci sotto l’acqua corrente
e, con delle forbici, tagliarli a metà in senso trasversale (in pratica:
vedete quella robina che sporge in mezzo agli aculei? Ecco, quella è la bocca,
in cui potete notare *si aggiusta il
monocolo* la lanterna di Aristotele. Dovete tagliare il riccio in modo da
avere in una metà la bocca intera).
Sciacquare le due metà velocemente sotto l’acqua
corrente, in modo da eliminare eventuali alghe e raccogliere in una ciotolina la
polpa del riccio con un cucchiaino. La polpa, che poi sarebbero le uova del
riccio, è solo la parte di color corallo, non quella marroncina!
Preparare la pasta: lessare gli spaghetti in abbondante
acqua salata. Nel frattempo mettere l’olio in una padella ampia insieme allo
spicchio intero d’aglio, schiacciato, e scaldare dolcemente il tutto, finché l’aglio
si sarà dorato leggermente. Eliminare l’aglio.
Sciacquare il prezzemolo, asciugarlo e tritare le
foglioline. Tenere da parte.
Quando gli spaghetti saranno al dente, scolarli tenendo
da parte un mestolo di acqua di cottura. Versare gli spaghetti nella padella
con l’olio e spadellarli con un po’ di acqua di cottura per qualche minuto, in
modo da avere un sughetto cremoso. Spegnere il fuoco, aggiungere la polpa dei
ricci e spadellare bene: con il calore della pasta e grazie a quel po’ di acqua
di cottura la polpa si scioglierà e formerà una cremina che non vi dico! Servire
subito, con una manciata di prezzemolo tritato.