sabato 31 dicembre 2011

Pumpkin cookies


Che io sia una zucca-addicted mi pare che, arrivati a questo punto, sia palese. Nelle ultime settimane il mio,  uhm, disturbo ha dato una nuova manifestazione: l’ansia da fine stagione. Non so di preciso quando finisca il periodo arancione, il ché mi comporta un certo livello di stress quando vado dall’ortolano e, prima di avere il coraggio di guardare all’angolino zuccoso, mi mangio tutte le unghie (e non escludo che mi compaia anche qualche tic nervoso passeggero). Però quando scopro che sono ancora lì, belline, pronte per soddisfare la mia dipendenza, sono talmente felice che non ho mai il coraggio di fare la fatidica domanda al simpatico vecchietto: “mi dica, quando sarò costretta a smettere?” ma preferisco crogiolarmi nel beneficio del dubbio :)  
Con la violina di oggi, tra le altre cose, ho fatto anche questi dolcetti, che sono finiti dritti dritti nei pacchetti di Natale. La ricetta l’ho trovata su Joy of Baking (io quella signora la adoro, è così…così… mammesca *_*), ho fatto solo qualche piccola modifica :) 

Per 280g di biscotti: 
130g farina 
1 cucchiaino lievito per dolci 
1 cucchiaino di cannella 
1-2cm di zenzero fresco 
1 pizzico di sale 
1 uovo grande (a temperatura ambiente)
100g zucchero di canna 
50ml olio d’oliva delicato 
120ml purea di zucca* 

In una ciotola mescolare la farina, il lievito, la cannella e il sale e tenere da parte. 
Pelare la radice dello zenzero e grattugiarla finemente, metterla in una garzina e strizzare bene, raccogliendo il succo in una tazzina.  
In un’altra ciotola (abbastanza capiente da contenere tutto l’impasto) sbattere l’uovo con lo zucchero finché sarà bianco e spumoso, sempre sbattendo aggiungere gradualmente l’olio e il succo dello zenzero. 
Incorporare la purea di zucca e successivamente le polveri, mescolando delicatamente con un cucchiaio o una spatola, finché l’impasto sarà omogeneo. Versare l’impasto (che sarà piuttosto morbido) in una sac à poche e fare dei piccoli mucchietti, della dimensione di una nocciola, su una teglia foderata di carta forno, ben distanziate tra loro. Cuocere in forno caldo a 170°C per 15’ minuti circa, finché saranno lievemente dorati sui bordi e inserendo uno stecchino al centro del biscotto, questo uscirà asciutto e pulito. Far raffreddare su una griglia, impacchettare e regalare :) 

* per ottenerla basta privare un pezzo di zucca dei semi ma non della buccia, tagliarlo a fette e disporle in una teglia foderata di carta forno, con la buccia a contatto con la teglia, e coprire il tutto con un foglio di carta d’alluminio. Cuocere  in forno caldo a 150°C per una ventina di minuti (ovviamente variabili in base al forno e allo spessore delle fette), finchè la zucca sarà morbidissima. Fuori dal forno si raccoglie la polpa, staccandola bene dalla buccia con un cucchiaio.  
Il fatto di tenere la buccia fa si che nessuna parte di polpa scurisca ;) Un  altro modo per ottenere la purea è cuocere la zucca a pezzettini, senza buccia, a vapore. 


Note: 
- con queste dosi i biscotti hanno un sapore delicato, se volete intensificare la nota pungente aumentate senza problemi le dosi di zenzero ;)  
- Vi consiglio di consumarli nel giro di uno, massimo due giorni, perché anche se ben conservati in scatole di latta tendono ad ammorbidirsi.

giovedì 22 dicembre 2011

Tartufini al praliné


Io sono una studentessa, e l’altro giorno, al supermercato credo che la cassiera l’abbia capito al primo istante. Non dall’occhiaia da studio, né tanto meno dallo zaino pesanterrimo di libri, ma dal cestino della spesa: tre tavolette di cioccolata, un bricchetto di panna e una confezione di orsetti gommosi (aò, mica è colpa mia se li mettono sempre vicino alla cassa! Come si fa a incrociare i loro sguardi tristi, chiusi in un piiiiccolo sacchetto di plastica, che ti implorano di salvarli da una morte certa per asfissia, e dire di no?!? Non so voi, ma io non sono una brutta persona!).
Gli orsetti non sono arrivati vivi a casa (ops, come non detto, sono una brutta persona!), ma il cioccolato si (anche se un morsichino se l’è beccato pure lui), ed è finito in tartufi! :)


Per una sessantina di tartufini:

Per la ganache:
200 g di panna fresca

250 g di cioccolato fondente al 70%
15g burro
100g di pralinè
Per la finitura:
100 g di cioccolato fondente al 70%
cacao amaro

Oltreché:
un termometro da pasticceria
1 o 2 spatole


La ganache: Spezzettare il cioccolato, metterlo in una ciotola, aggiungere il burro a pezzetti e tenere da parte. Portare a bollore la panna e versarla in due o tre volte sul cioccolato, mescolando rapidamente dal centro verso i bordi, aggiungere il praliné e continuare a mescolare, finché il composto sarà omogeneo. Coprire con la pellicola e far riposare in frigo per qualche ora. Quando la ganache si sarà rassodata riprenderla e, aiutandosi con un cucchiaino, formare tante piccole palline, disporle su un foglio di carta forno e metterle in frigo.

Nel frattempo temperare il cioccolato per la finitura: spezzettare il cioccolato e scaldarlo a bagno maria fino alla temperatura di 45°C. versare i 2/3 del cioccolato su un piano, meglio se di marmo, e spatolarlo rapidamente fino al raggiungimento dei 27°C (il terzo restante và tenuto a 45°C). A questo punto togliere il cioccolato caldo dal bagnomaria e unirvi il cioccolato raffreddato, mescolando bene: il tutto dovrebbe raggiungere la temperatura ideale di 30°C: ora è pronto per essere usato.
I tartufini: riprendere le palline di ganache, immergerle nel cioccolato e metterle a raffreddare su una griglia. Quando il cioccolato si sarà ben rappreso, ma non ancora del tutto indurito, rotolare i tartufini nel cacao amaro. riporre in frigo per qualche ora, confezionare e regalare :)
Note:
  • il pralinato rimane un sapore un po’ di sfondo, conferisce una nota aromatica in più ma non è in primo piano: se volete renderlo protagonista smorzate un po’ l’intensità del cioccolato sostituendolo in parte con cioccolato al latte o fondente al 55%.


lunedì 19 dicembre 2011

Praliné di nocciole


Il praliné è una cremina golosissima che viene usata nella preparazione di dolci, per aromatizzare creme, gelati & co. Ne esistono versioni con le mandorle, con le nocciole, con mandorle e nocciole... ognuno lo fa un po’ come vuole insomma! :) Era almeno un anno che non lo facevo, e sentivo un po’ di la mancanza di tutti quegli zuccheri semplici e quei grassi *_*
Stavolta ho voluto provare a farlo un po’ più aromatico e meno stucchevole, quindi, anziché usare dello zucchero bianco ho optato per dello zucchero di canna, e anziché fermarmi al caramello biondo l’ho fatto scurire un tic in più.
Dopo un’attenta valutazione delle qualità organolettiche con il test più attendibile per questa categoria, “il dito nel vasetto”, posso dirmi più che soddisfatta del risultato, questa potrebbe essere la versione definitiva per me :)

Per un barattolo da 250ml:
200g nocciole
200g zucchero di canna scuro
4 cucchiai d’acqua

Tostare le nocciole in forno, sfregarle con un canovaccio per togliere la pellicina e disporle su un foglio di carta forno: devono essere serrate ma non sovrapposte.
Scaldare lo zucchero con l’acqua in un pentolino, senza mescolare, fino a ottenere un caramello medio (più castano che biondo :) ). Spegnere il fuoco, versare subito il caramello a filo sulle nocciole e lasciar raffreddare.
Quando il caramello è ben freddo rompere la lastra in pezzetti e metterli nel tritatutto: le lame piangeranno un po’, ma non importa. Tritare per circa 10’ (non continuativi, ogni 2-3 minuti è bene fermarsi un attimo): all’inizio si otterrà una polvere, poi una pasta che si stacca dalle pareti, poi una pasta che si attacca alle pareti: arrivati a questo punto il praliné è pronto per essere invasettato.
Si conserva in frigo per tantissssimo tempo :)

Note:
il procedimento classico prevede che le nocciole vengano messe nel pentolino (sul fuoco) con il caramello, questo torna zucchero, e poi di nuovo caramello: solo a questo punto il tutto si mette sulla carta forno. Ho voluto provare questo metodo un po’ semplificato e mi pare che il risultato non ne risenta, anzi! :)

giovedì 15 dicembre 2011

Minestra al cumino di Pontebba


Pensa te, questi pontebbani. Da una ricetta carnica io  mi aspettavo legumi,  formaggi di malga, tagli improbabili di porco, ma non certamente il cumino! E invece… pensa un po’, ne sanno una più del diavolo! :)
Ho scovato questa ricetta nell’ultimo libro arrivato in casa buccia, “La cucina del Friuli” e mi è piaciuta un sacco, oltre ad avermi mostrato volto a me sconosciuto della Carnia :). Ha un sapore deciso ma particolare, non è la solita zuppa ecco!

Per due persone:
75g orzo perlato
15g burro
50g speck
1 cucchiaio d’olio
1 carota
½ cipolla
1 patata
1 presa di semi di cumino
1 cucchiaio di ricotta affumicata
Sale & pepe

Oltreché:
una pentola di coccio o comunque a fondo spesso

Tritare finemente lo speck e rosolarlo in una pentola capiente con l’olio e il cumino. Sbucciare la patata e la carota, lavarle e tagliarle a cubetti. Sbucciare, mondare e tritare la cipolla. Quando lo speck sarà diventato trasparente aggiungerci carota e patate e, successivamente la cipolla. Lasciar cuocere il tutto per 6 o 7 minuti. Nel frattempo scaldare in un pentolino 600ml di acqua con un pizzico di sale e aggiungerla alle verdure. Non appena avrà raggiunto il bollore aggiungere l’orzo, abbassare la fiamma al minimo e far cuocere, coperto, per 40’. Spegnere il fuoco, togliere il coperchio e aggiungere il burro a pezzetti, rimestando bene la zuppa. Dividere la zuppa in fondine di coccio, condire con un velo di pepe macinato al momento e un cucchiaio di ricotta affumicata. Servire subito.


Ricetta tratta da "La cucina del Friuli" di Emilia Valli


martedì 13 dicembre 2011

Focaccine alle erbe provenzali e lavanda


Eccole qui, le focaccine di cui vi parlavo ieri :)  
Qualche giorno fa mi è venuta una voglia compulsiva di pistoccu con olio & sale, ci ho pensato per tutto il pomeriggio (eh si, lo so, non è normalissimo ^_^”) e quando finalmente è arrivata ora di cena mi sono fiondata a rovistare nella credenza: avete presente i cani che scavano alla ricerca dell’osso che avevano sotterrato per un giorno di pioggia? Ecco. Dopo minuti interminabili di faticosissimi scavi eccola, la busta che contiene un'altra busta che dentro ha un’altra busta ed ecco che questa forse è l’ultima busta, ah orpo come non detto ce n’è un'altra e finalmente…..croccantissime sfoglie di sarditudine.
Certo, come no. In un mondo ideale sarebbe stato così. Invece siccome sono un bradipone, probabilmente, qualche mese fa, mentre sgranocchiavo allegramente e senza pensieri le ultime perre (così si chiamano le sfoglie di pistoccu), avrò pensato che la pattumiera era davvero troppo, troppo lontana, avrò fatto spallucce e poi rimesso la busta che conteneva così tante buste da sembrare piena, dentro la credenza. In quel momento non lo sapevo, ma stavo condannando la buccia del futuro a notevoli sofferenze emotive.
Sicchè, dopo attimi di stok stok contro il muro seguiti da buoni propositi di ordine di quelli che non si mantengono mai, ho deciso che l’unica cosa da fare per consolare il mio povero stomachino illuso erano delle focaccine. Un rapido sguardo alla mensola delle spezie ed ecco fatto :)


Per una quindicina di focaccine:
250g farina manitoba
¼ panetto di lievito di birra (circa 6-7g)
½ cucchiaino di sale
3 cucchiai d’olio EVO
1 cucchiaio di erbe provenzali essiccate
1 cucchiaino di fiori di lavanda essiccati
1 cucchiaino di miele d’acacia
formaggio al pepe (volendo...)

Mescolare la farina con le erbe e i fiori e fare la fontana, mettere al centro il lievito spezzettato e il miele e iniziare ad impastare, aggiungendo poca acqua tiepida per volta. Aggiungere due cucchiai d’olio e continuare a impastare, fino ad ottenere un composto liscio ed elastico. Fare una palla con l’impasto, infarinarla, metterla in una ciotola coperta da un canovaccio e riporla al calduccio per un’oretta e mezza.
Quando l’impasto sarà lievitato riprenderlo e, senza impastarlo, stenderlo in una sfoglia di 3-4mm di spessore e ricavarne delle focaccine con un taglia biscotti tondo. Spennellare le focaccine con l’olio e rimasto e farle lievitare ancora per una mezz’oretta. Cuocere in  forno caldo a 200°C per una decina di minuti, finché non saranno leggermente dorate.
Io ad alcune ho aggiunto a metà cottura qualche cubetto di formaggio al pepe….Yummi! :)



Note:
  •  se tagliate a cubetti e ripassate in forno o in padella diventano degli ottimi crostini :)

lunedì 12 dicembre 2011

Potage parmentier di Julia Child, ovvero vellutata di porri e patate


Il giorno di un esame è un giorno magico, sempre.
La notte prima è un disastro, il tragitto casa-università un dramma, l’esame in se una gran scocciatura, ma le ore dopo sono fantastiche.  Giusto il tempo di girare l’angolo e non vedere più la sede ed ecco che, in modo del tutto indipendente dal risultato dell’esame stesso,  arriva l’euforia. Anche se il cielo è grigio e pioviggina e io non ho l’ombrello come al solito, a me sembra azzurrissimo e mi pare di vedere le farfalle svolazzare, gli scoiattoli che mi salutano e gli uccellini che cinguettano, e io saltello e canticchio e trallalero trallalà :)
E quando sono così di buon umore voglio solo fare due cose, a ripetizione: uscire-cucinare-uscire-cucinare-uscire-cucinare
Stasera quindi, cenetta speciale, di cui vi darò notizie domani :) . Oggi invece vi lascio con questo classicone della cucina francese, che mi ha coccolato oggi a pranzo, perché ok che ero felice, ma sono arrivata a casa bagnata come un pulcino!

Per 3 – 4 persone:
200-250g di patate
200-250g di porri
850ml d’acqua (o brodo)
1 pizzico di sale
40ml panna fresca o 20g burro morbido
1 cucchiaio di prezzemolo tritato (io l’ho sostituito con una presa di erbe provenzali essiccate)

Pelare le patate, lavarle e tagliarle a cubetti. Tagliare il porro a metà per il senso della lunghezza, lavarlo e affettarlo (parte verde inclusa). Mettere in una pentola capiente le patate, il porro, l’acqua e il sale e far cuocere il tutto, parzialmente coperto, per 40-50 minuti, finché le verdure saranno tenere. Schiacciare le verdure con una forchetta (o con un passaverdure, o con il frullatore a immersione), aggiustare di sale e pepe e riportare a bollore.  Fuori dal fuoco aggiungere la panna o il burro e mescolare. Impiattare e decorare con le erbe.
Io l’ho mangiata con dei crostini ricavati da delle focaccine alle erbe provenzali che ho fatto qualche giorno prima (ora che ci penso, devo postare la ricetta!).

Note:
  • secondo me viene benissimo con l'acqua, mantiene un sapore delicato che col brodo viene un po' coperto;
  • i crostini focacciosi ci si abbinano benissimo, riprendono i profumi delle erbe che sono nella vellutata,  ma l'ho provata anche solo con dei semplici crostini e non è male comunque :)
Ricetta tratta da “Mastering the art of French Cooking”

venerdì 9 dicembre 2011

Marmellata di arance, cannella e rum


Io e la sorellina l’8 di dicembre ci siamo sempre armate di fili spelacchiati e addobbi improbabili (tra cui si ricordano il passerotto arancione e il limone di polistirolo, morso, tra l’altro) e abbiamo vestito un alberello. Solo un lato dell’alberello in realtà, “che tanto quel lato lì dà sul muro e chissenefrega!” :)
Da quando sono all’università, dato che non riesco mai a tornare così presto a casa, ho inaugurato una nuova tradizione, i mercatini natalizi di Villach. Saltello per le bancarelle tutta imbacuccata (con tanto di cappello con le orecchie da micio), facendo gli occhi dolci a qualunque cosa kawaii riesca a scovare (calzetti foffosi, cappellini a forma di renna, strudel…), nel tentativo di convincerli a trasferirsi nella mia borsa (o nella mia bocca).
Purtroppo però la sessione degli esami quest’anno ha tramortito le tradizioni (con una librata, immagino) e per il momento niente mercatini per me. Ma lo spirito natalizio buccesco è duro a morire, e si è consolato con questa buonissima marmellata, che più dicembrina di così non si può :)

Per 2 vasetti e mezzo:
6 arance non trattate
150g zucchero
1 cucchiaio di cannella macinata
60ml rum scuro
½ cucchiaio di pectina

Lavare bene le arance e ricavarne scorzette in abbondanza con l’apposito aggeggio (o con un pelapatate) e tenerle da parte, meglio se in un contenitorino ermetico e in frigo, chè si seccano subito. Mescolare 100g di zucchero con la cannella e i restanti 50g con la pectina, e tenere da parte separatamente. Sbucciare le arance, tagliarle a pezzetti e passarle al passaverdure coi buchi grossi. Raccogliete la polpa in una pentola e buttate via le pellicine che rimangono nel passaverdure. Aggiungere alla polpa di arance lo zucchero mescolato con la cannella, mettere sul fuoco e far cuocere per circa 15’, finché la marmellata abbia un buon sapore, un po’ caramellato e molto cannelloso. Quando siete soddisfatti del sapore (sicuramente la marmellata sarà ancora liquida, ma non importa), aggiungere lo zucchero restante a cui avete aggiunto la pectina, mescolare e continuare la cottura per 2-3 minuti, quindi spegnere. Aggiungere il rum, mescolare bene e invasare.


 Note:
-        Con così poco zucchero le marmellate non si conservano in eterno, quindi meglio farne piccole dosi;
-        Io uso sempre la pectina perché non mi piacciono le marmellate troppo cotte, perdono il sapore della frutta, secondo me. Se non siete della mia stessa opinione potete ometterla e prolungare la cottura fino al raggiungimento della consistenza desiderata;
-        A me piace usare tutta la polpa, ma se volete ottenere una marmellata più brillante usate solo il succo delle arance e la polpa più fine, quindi non usate il passaverdure ma uno spremiagrumi. 

mercoledì 7 dicembre 2011

Pasticcio vegetariano


A me le verdure piacciono un sacco, anche nature, solo bollite, però dipende.  
Cioè, mentre torno a casa dalla biblioteca, in una sera fredda a ridosso degli esami, non è che sono esattamente una fatina saltellante, sembro più brontolo. Borbotto come una caffettiera, “Gli esami sono vicini e non ho più voglia di fare una ceppa, che poi tanto per quando mi sarò laureata la crisi, l’inquinamento e l’ingiustizia sociale avranno fatto esplodere il pianeta. Ma che palle, ma non potevo chessò, sposarmi con uno sceicco 90enne multimilionario in punto di morte? ripassare è brutto, eppoi la borsa del piccì pesa. Eppoi oggi fa anche freddo”
Quindi cioè, capite che un piatto di cicoria lessa non può risollevare un umore del genere. Neanche le fognate mi consolano, che ho stomaco chiuso. Ci vuole qualcosa  di leggero ma colorato e un minimo scenografico. E soprattutto ci vogliono i coltelli. Arrivo a casa, lancio i libri sul divano, prendo il coltellaccio più pericoloso che ho e mi sfogo sulle verdure. Poi cucino, i profumini già mi fanno stare meglio, poi assemblo e tutti questi colori sono un toccasana… e poi GNAM, è così buono che quasi quasi mi è tornato il buon umore :)



Per due persone:
250g polpa di zucca violina
200g patate a pasta gialla
Un mazzetto di bietina
70g lenticchie
Qualche scaglia di grana
1 cucchiaio di trito di carota, sedano e cipolla
1 cucchiaino di rosmarino tritato
½ cucchiaino di peperoncino macinato
1 bicchiere di brodo vegetale
1 pezzetto di porro (5cm)
50ml vino bianco
Olio
Burro

Mettere le lenticchie in ammollo per qualche ora. Tagliare la zucca in fette di circa ½ cm di spessore, salarle leggermente e disporle in una teglia foderata di carta forno, coprire con un foglio di alluminio e infornare a 200°C per 10’. Nel frattempo ridurre la patata in fette molto sottili, spennellarle con un filo d’olio e cospargerle di rosmarino, quindi metterle in forno insieme alla zucca, senza coprirle, e proseguire la cottura per altri 20’. Accendere il grill negli ultimi 5’ di cottura, per far dorare le patate.
Soffriggere sedano, carota e cipolla in una padella con un filo d’olio, quindi aggiungere le lenticchie scolate, sfumare con del vino bianco, aggiungere il brodo e far cuocere con il coperchio, a fuoco basso per circa 20’, finché saranno morbide.
Affettare sottilmente il porro e farlo stufare in una padella con una piccola noce di burro. Tagliare grossolanamente la bietina e scottarla per qualche minuto in acqua bollente salata, quindi ripassarla in padella con il porro.
Schiacciare con una forchetta la zucca e condirla con il peperoncino, mescolando bene.
Ungere un coppa pasta con un po’ d’olio e assemblare i pasticci facendo strati di zucca, lenticchie e bietina, tutti separati da sottili strati croccanti di patate e qualche scaglia di grana.


La ricetta è tratta da “La cucina italiana” di Dicembre, (ho fatto solo qualche piiiiiccola modifica :) ) ed è un’ottima ricetta svuota frigo: quelle bietine avanzate dall’ultimo minestrone che tra un po’ si afflosciano, il pezzettino di porro che perché cavolo non l’avevo usato tutto?, ecc :) Da tenere a mente per smaltire le lenticchie post capodanno ;) a questo proposito propongo questa ricetta per il contest di Benedetta "ricicliamo il Natale" 


lunedì 5 dicembre 2011

Carbonnades à la flamande di Sigrid Verbert


Oggi vi propongo uno stufato di carne buo-nis-si-mo! Ogni tanto me lo concedo in questa stagione, mi aiuta a prepararmi per l’inverno, del resto lo strato, ehm, isolante mica si fa da solo! :D
È un piatto di origine belga super coccoloso, con una salsina densa e saporitissima data dal pane e dalle cipolle stracotte nella birra.
Ovviamente è assolutamente vietato anche solo pensare di farlo con birre scadenti (o burde/scalze/scrause/pezzotte, a seconda della vostra regione di appartenenza :) ). Sigrid consiglia una Chimay ma, sarò un’eretica, ma non mi fa impazzire come birra, per cui ho usato una Leffe blonde. Nella mia testolina   lo sogno con la Kwak, una birra ambrata, dolce e bbbbbuonissima, di cui mi sono innamorata lo scorso anno a Bruxelles, proprio qui. Non so se perchè ero emozionata dalla mini-vacanza romanticona, o se perché è stata la prima birra che ho assaggiato in suolo belga, conoscendomi potrebbero aver influito sul mio giudizio anche la stramberia del bicchiere in cui è servita e la pronuncia altrettanto stramba del suo nome, fattostà che da quel giorno è la mia birra preferita :) 
Quindi capitemi se, quando per miracolo riesco a trovarla in Italia (al momento solo in qualche brasserie e al blockbuster (?!?) ), a prezzi tutt’altro che modici, la sfortunata bottiglia non sopravvive mai abbastanza da finire nello stufato! :P

Per tre persone:
500g manzo per stufati (io ho usato geretto anteriore, perfetto!)
400g cipolle bianche (3 cipolle medie, più o meno)
75g pancetta tesa (la mia era affumicata)
2 fette di pane raffermo
2 cucchiai di senape all’ancienne (coi seimini)
1 cucchiaio di aceto di vino
½ cucchiaio di zucchero
Birra belga qb (nel mio caso 660ml di Leffe blonde)
Olio evo
Timo e alloro           
½ cucchiaio di burro (15g circa)

Oltrechè:
1 pentola di coccio o comunque a fondo spesso
1 mandolina

Eliminare il grasso superfluo dalla carne,  tagliarla a bocconcini e asciugarla con carta da cucina (sempre, quando bisogna dorare :) ). In una padella scaldare un filo d'olio e far rosolare velocemente la carne su tutti i lati finché non inizi a dorare leggermente. Tenere la carne da parte. Tagliare la pancetta a striscioline e far cuocere brevemente anche queste in una padella pulita. Sbucciare le cipolle e affettarle sottilmente. In una pentola capiente scaldare il burro, aggiungere le cipolle e farle appassire, mescolando ogni tanto, per qualche minuto. Aggiungere lo zucchero e lasciar caramellare leggermente, poi sfumare con l'aceto, e lasciarlo evaporare per un minuto. Aggiungere la carne di manzo e la pancetta, mescolare il tutto e deporre sulla carne, le fette di pane, ognuna spalmata con un cucchiaio di senape. Versare infine la birra fino a ricoprire tutto quanto. Aggiungere il timo e l'alloro, salare e pepare, portare ad ebollizione poi abbassare la fiamma e lasciar cuocere il tutto, con il coperchio, per 2 o 3 ore. Alla fine la carne deve essere morbidissima e la salsa scura e densa. Aggiustare il condimento e servire, rigorosamente con le patate fritte (io ODIO friggere, per cui le patate le ho saltate 2 minuti in padella, con un filo d’olio e bon :) ) e la birra che avete usato per la cottura.

Ricetta tratta da “Il libro del cavolo” di Sigrid Verbert.
A parte dimezzare le dosi non ho modificato neanche una virgola, il piatto è assolutamente perfetto ed equilibrato così :)


giovedì 1 dicembre 2011

Crème brûlée ai cachi e vaniglia



La crème brûlée sarà pure banale e semplice, ma per me che la Francia l’ho vista solo sui libri rimane un dolcetto un po’ esotico e molto sciccc. L’unico neo è che la versione originale è davvero troppo troppo troooooppo dolce per i miei gusti, quindi ho voluto provare a renderla più aromatica e meno zuccherosa, ed eccola qua :) Sono rimasta veramente molto soddisfatta, la consistenza è perfetta, non è stucchevole e last but non least ha un colore bellissimo :) Assolutamente promossa! A questo punto, eliminata la dolcezza in eccesso resta solo il divertimento :)
Quando è il momento di incendiare lo zucchero sprizzo gioia da ogni poro, il ché mi fa sospettare di avere un subconscio un po’ piromane, poi però di solito qualcuno frena i miei momenti di estasi distruttiva con cose tipo “ma la mia voglio caramellarla io!” e, siccome sono generosa che neanche Madre Teresa, cedo il cannello e mi armo di cucchiaino :P

Per 4 persone hai bisognoddì:
2 tuorli
200ml panna fresca
½ bacca di vaniglia
1 cucchiaio di zucchero (circa 10g)
50g polpa di cachi
4 cucchiaini di zucchero di canna per caramellare

Oltreché:
4 cocottine individuali
Una teglia dai bordi alti
Un cannello da cucina



Passare la polpa di cachi al passino/blender/frullatore a immersione finchè sarà ben liscia. Montare i tuorli con lo zucchero finché saranno ben spumosi, aggiungere la polpa di cachi e amalgamare bene. Mettere la panna in un pentolino insieme alla bacca di vaniglia incisa nel senso della lunghezza, quindi porre su fuoco basso e portare a ebollizione. Al primo accenno di bollore eliminare la bacca di vaniglia (io prelevo bene i semini con la punta di un cucchiaino e li metto nella panna, tolgo solo “la buccia”) e togliere la panna dal fuoco, versarla a filo sul composto di uova/zucchero/cachi, lentamente e mescolando velocemente con una frusta. È importante che questo passaggio sia eseguito con cura, affinché i tuorli non cuociano, ma si temperino soltanto (se no vi ritrovate con pezzi di frittata nella crema, ecco).
Versare il composto in quattro cocottine (quelle fatte apposta per la Crème brûlée sono basse e larghe, ma si combina anche con quelle classiche, un po’ più alte) e mettere queste dentro una teglia dai bordi alti, quindi versare nella teglia acqua bollente qb perché le cocottine siano immerse per ¾. Infornare a 150°C per 45’, finchè la crema sarà rassodata in superficie, ma ancora un po’ tremolante, non aspettatevi la consistenza di un budino. Ovviamente il tempo di cottura varia a seconda dell’ altezza delle tegliette, se avete quelle basse basterà molto meno. Sfornare e far raffreddare completamente. Quando il composto è freddo, coprire ogni cocottina con della pellicola e riporre in frigo per almeno 3h. Raffreddandosi la crema raggiungerà la consistenza ideale.
Circa un’ora prima di servire tirate fuori dal frigo le creme e, quando saranno tornate a temperatura ambiente, cospargete la superficie con un po’ di zucchero di canna e carammellizzatelo con l’apposito cannello.
Non resta che rompere la crosta con la punta del cucchiaino e... :)