La fainè. Una delizia sassarese che ho scoperto qualche
estate fa, quando con la little sistah siamo andate a trovare il big bro a
Sassari appunto.
Eravamo giovani, ingenue e piene, troppo piene di
aspettative.
Mentre percorrevamo la route 129, coi capelli pettinati
dal vento della Barbagia (e di quando in quando dai rutti del suddetto big bro)
e gli occhi riempiti dal mutare del paesaggio, entrambe nei nostri teneri
cuoricini di pulzelle, facevamo progetti per questi due giorni tutti insieme.
La versione di
Buccia: prima di tutto scovare il mercato della città, coglierne le
tipicità, mercanteggiare come se non ci fosse un domani, (autoconvincersi di)
fare affari d’oro e cucinare un bel pranzetto sfruttando l’aiuto dei
consanguinei, come se fossi Gordon Ramsay e loro gli ultimi arrivati. Giro per
la città, dove il bro ci mostrerà i punti salienti. Cena in qualche posto carino
che offra cucina del luogo, a spese del bro chiaramente. Il giorno successivo
gita a Porto Torres, o magari Castelsardo. O Alghero! O Stintino! Ohhhh, sarà
bellissimo!
La versione della
little sistah: prima di tutto ricordiamoci che a Sassari ci sono gli unici
punti vendita Lush e Dechatlon in Sardegna, tanto per dire. Giro per la città,
dove il bro ci mostrerà i punti salienti. Cena in qualche posto carino che
offra cucina del luogo rigorosamente vegetariana, a spese del bro chiaramente. Ohhhh,
sarà bellissimo!
La versione del big
Bro, ovvero la triste realtà: per pranzo mangiamo il buonissimo arrosto
cucinato dalla nonna, ma freddo di frigo e “ma davvero volete i piatti? Dai, zero
cazzi di lavare padella e stoviglie”. Alla richiesta corale del giro per la
città ci guarda strabiliato: “ma state scherzando? è l’ora della pennica”. Cena
nel ristorante del centro commerciale dietro casa, che “oh, con 10€ mangi e
fanno delle bisteccone enormi”. Il giorno dopo, solita richiesta del giro per
la città, che la gita ce l’eravamo già messa via, stesso sguardo strabiliato e,
mentre inforca cuffie da gaming e si siede sulla sedia rotante, detta anche il
trono: “ma state scherzando? è l’ora di Wolrd of Warcraft DotA!”.
Dopo quest’urto violento con la realtà, io e little
sistah ce ne andiamo a spasso da sole (“e prendetevi le chiavi, che non apro
mai la porta nel mezzo di una partita”) e, in un piccolo forno abbiamo scoperto
le meraviglie della fainè. Così buona, croccantina e morbida allo stesso tempo,
calda e rassicurante in questo crudele, realistico mondo.
La fainé originale è condita solo con una macinata di
pepe, ma tra le versioni moderne è d’obbligo citare quella con l’antunna,
ovvero i funghi pleurotus, e quella con cipolla e salsiccione, ovvero salsiccia
fresca (ma una volta che hai scoperto il termine “salsiccione”, quando mai la
chiamerai più salsiccia?). Ma vista la stagione e vista la mia smodata passione
per i carciofi, non potevo non provarci (con ottimi risultati, modestia a
parte).
Per due
teglie di 32cm di diametro:
300g farina di ceci
750ml acqua
½ cucchiaino di sale
6 cucchiai d’olio
Pepe nero
1 carciofo
Versare la farina e il sale in una ciotola. Aggiungere
l’acqua a filo, mescolando bene con una frusta per evitare che si
formino/eliminare i grumi. Coprire e lasciar riposare per almeno 2h.
Versare 3 cucchiai d’olio in una teglia antiaderente[1],
coprire uniformemente il fondo aiutandosi con una spatola in silicone.
Eliminare la schiumetta dalla superficie della pastella e
dare una rapida mescolata. Versare quindi metà del composto nella teglia e
mescolare un po’ con la spatola di silicone, in modo da portare parte dell’
olio in superficie.
Per la versione basic: macinare un po’ di pepe sulla superficie
Per la versione ai carciofi: mondare un carciofo,
eliminando le foglie esterne più dure e pelando il fondo, tagliarlo a meta,
eliminare le barbine interne e tuffare le due metà in acqua e limone. Scolare e
affettare finemenete il carciofo. Distribuire le fettine sulla fainé
affondandole delicatamente con le dita, in modo che siano velate di pastella.
Cuocere in forno preriscaldato a 250°C per 20’ circa, finche la fainé sarà
dorata.
[1] Il
top del sogno sarebbe una teglia in ferro usata solo per questo scopo e mai
lavata, ma oh, ognuno ha i suoi difetti (e soprattutto una dispensa sempre
troppo piccola)